Intensità: sentire(si) vivere nel vuoto

 

INTENSITA’: SENTIRE(SI) VIVERE NEL VUOTO

 

Di Rosa Palumbo

 

 

La necessità del Vivere ci impone di fare esperienza del vuoto nel(dentro) e verso(protendere) il giorno che avanza.

Giorno standardizzato nelle coordinate dello spazio e del tempo, le cui definizioni sono state messe sotto i ferri di illustri dottori (scienziati, filosofi ed artisti) i cui punti di saturazione vengono messi perché bisogna stringere con forza le ferite sanguinanti del progredire umano.

Il mio intendo è di procedere controcorrente, denudando attraverso una scorticazione lessicale, cioè, andando ad aprire e non a chiudere le ferite.

La parola Vuoto non deve essere qui confusa con il nulla, anche se, una comunanza, potrebbe esserci nei termini di espansione ed estensione e la cui sintesi è nella parola intensità.

Essa, deve essere intesa come gradazione e dovrebbe farci sperimentare la bellezza del sentirsi vivi, purtroppo, di questa parola c’è stata un’appropriazione indebita, sia da parte dell’singolo individuo e sia da parte della communitas sociale, che esalta l’intensità a nuovo farmaco o droga, un anestetico contro il Vivere.

La logica di questa intensità è quella dell’equilibrista o di colui che è alla ricerca di una costante e una volta ottenuto il risultato, attraverso, uno sforzo che richiede un mero sacrificio per raggiungere il successo nelle sue diverse forme: lavoro, matrimonio, casa, alimentazione ecc. e, fatto ciò con obbedienza filiale, viene superata la prova e il premio consegnato a chi non sente la Vita perché ha paura del Vuoto!

La rimanenza di questa vincita sono gli effetti negativi, che vengono travasati come nutrimento: latte, da dare alla futura generazione, una poppata di visione planetaria univoca e conformista con irrigidimento e paralisi anche dal di dentro del bioma e genoma umano, infatti, il corpo biologico viene costretto come un corsetto a seguire determinati ritmi che non sono i propri.

Il vuoto si sovrappone al nulla, non sopportabile perché manchevole di qualcosa e per questo deve essere riempito con la buona pratica della giusta misura. Ma, i coraggiosi, gli eroi, quei pochi che possono ancora definirsi tali, ma che sono in via di estinzione, cercano di resistere al tempo provando a rompere questo equilibrio anestetizzante, ciò che ne esce è una nuova visione: il vuoto non è più sentito come nulla da riempire ma pienezza.

La nuova immagine da dare alla sanità pubblica, termine così caro alla élite sociale, sarà quella di un moto danzante in continua dilatazione, pieno questa volta di vitalità.

Allora una domanda dovrebbe sovvenirci in aiuto: come raggiungere questo stato di beatitudine? La risposta potrebbe risiedere, nel godere di una giusta intensità.

Esiste, infatti, una logica anche nella fluidità, nell’oscillazione data dall’intensità, intesa come un sentire poli-diverso del vivere nel Vuoto, così pieno e traboccante, che ci allontana da ogni sforzo, da ogni costrizione che vuole tenere il tutto sotto controllo.

Ecco, che la Vita nel Vuoto raggiunge in intensità uno stato di pienezza, ma perché essa possa realmente manifestarsi a noi in quanto tale, c’è bisogno della nostra collaborazione, di noi tutti e non solo di quei pochi eroi, bisogna imparare ad imparare in modo diverso, affidarsi senza pretendere di afferrare questa intensità: sentire(si) vivere nel Vuoto.

Categories: Attualità articoli

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